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L’alimentazione è il risultato del processo evolutivo dell’uomo, e al tempo stesso responsabile della sua evoluzione. Gli ominidi hanno variato la loro alimentazione a seconda degli ambienti occupati, questo ha condizionato l’assunzione di nutrienti e lo sviluppo di capacità funzionali. La dieta paleolitica era caratterizzata da biodisponibilità energetica, proteine di alto valore nutrizionale, acidi grassi saturi, polinsaturi e microelementi e vitamine. Nel neolitico la dieta si arricchisce di cereali, latte e derivati, oli vegetali, alcol e sale, grazie al consolidamento dell’agricoltura e della pastorizia. La rivoluzione agricola ha favorito cultura, economia e ha permesso lo sviluppo di: sedentarismo, disponibilità alimentare, incremento demografico e allungamento dell’aspettativa di vita.
L’alimentazione rispecchia anche la storia dei costumi dell’uomo, l’attuale cultura enogastronomica affonda le sue radici nell’Impero romano, nel Medioevo, nel Rinascimento ed è stata influenzata dalla scoperta di nuove terre e nuovi alimenti. Quello di cui ci nutriamo oggi, è la risultanza di una evoluzione economica, sociale, culturale, storica e ha visto la una radicale ultima trasformazione dopo l’Era industriale.
Il cambiamento alimentare del neolitico di 10000 anni fa, fino all’iperalimentazione moderna viziata dalla gastronomia o obnubilata dal junk-food non è stato per nulla compensato, dalla selezione di un nuovo genotipo, o lo è stato solo parzialmente. Conseguenze acclarate come l’allarme obesità e la sindrome metabolica, possono essere considerate come “patologie evolutive” ed interessano in maniera preoccupante anche bambini e adolescenti. Gli emergenti disturbi infiammatori cronici, la sensibilità al glutine, la celiachia, l’allergia al nichel possono essere per alcuni aspetti considerati altri maladattamenti all’evoluzione dei consumi alimentari. In questo panorama, la medicina personalizzata e la nutrigenetica, possono rappresentare una strategia per studiare un’alimentazione ritagliata sul patrimonio genetico.
La dieta, intesa in termini prescrittivi e perentori, è risultata fallimentare. Oggi il tasso di abbandono dei piani nutrizionali e del recupero dei chilogrammi persi è stimato intorno all’80%.
Non è facile dire di no al cibo, perché non rappresenta solo nutrimento, ma anche piacere, uno strumento consolatorio o un antidepressivo. Negli ultimi anni si è arrivati ad ipotizzare una dipendenza da cibo palatabile, al pari di alcol o droghe.
In questo panorama lo strumento motivazionale e il lavoro sul comportamento alimentare si configurano come una possibile via per vincere l’obesità, intesa anche come dipendenza da cibo.
La veicolazione di una corretta educazione alimentare, infine, scevra da allarmismi o da messaggi promozionali di prodotti o metodi di dimagrimento, è auspicabile raggiunga capillarmente tutta la popolazione, non solo sulla carta stampata e i media, ma anche attraverso strumenti come il web.
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