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Nelle moderne democrazie la separazione dei poteri è da sempre l'asse portante della piena affermazione del principio della governabilità e della stabilità del governo della cosa pubblica, nel segno del rispetto delle libertà individuali e collettive. L'idea non è nuova, nasce, infatti, dalle considerazioni che Montesquieu, filosofo francese del XVIII secolo, affida al suo celebre saggio del 1748 "Lo spirito delle leggi". La frase universalmente citata di questo saggio recita testualmente:
"Chiunque abbia potere è portato ad abusarne; egli arriva sin dove non trova limiti. Perché non si possa abusare del potere occorre che il potere arresti il potere.
Su queste basi incontrovertibili funzionano le società che pongono l'esercizio delle libertà ed il rispetto dei diritti delle persone e delle comunità come elementi centrali della loro struttura statuale.
Su questo tema tanto delicato quanto importante è intervenuto recentemente anche il Presidente Napolitano, che ha espresso "viva preoccupazione per le insidie che la concentrazione dei poteri comporta per la vita democratica" in occasione della seconda edizione della "Biennale della Democrazia" . Una lezione che il Presidente Napolitano ha impartito a tutti con la chiarezza che lo contraddistingue. Perché il suo pensiero non fosse in alcun modo frainteso, il Presidente ha aggiunto "Nulla, infatti, potrebbe essere più lontano dall'idea di una democrazia temperata e funzionante dell'idea di un corpo sociale indistinto, in grado di esprimersi solo elettoralmente, cui corrispondano ristrette oligarchie dotate di poteri economici e sociali senza contrappesi, resi più insidiosi dagli effetti del progresso tecnologico, impensabili solo sessanta anni fa".
La nostra Carta Costituzionale ci lascia una preziosa eredità in questo senso, un'eredità concettuale sulla necessità del bilanciamento dei poteri e sull'indispensabile presenza nel corpo sociale di strutture intermedie autonome e non confluenti. Una lungimiranza politica che rende ancora attualissima la nostra Costituzione.
Alla modernità della Costituzione italiana sul bilanciamento dei poteri e all'intramontabile attualità del dettato filosofico di Montesquieu si sono ispirati il Consiglio di Amministrazione e il Consiglio di Indirizzo Generale dell'ENPAB nell'elaborare un'importantissima modifica dello statuto dell'Ente, che riguarda l'incompatibilità delle cariche tra ENPAB ed Ordine Nazionale dei Biologi.
Tale modifica è decisamente innovativa ed è stata voluta nel nome della trasparenza, della chiarezza dei rapporti tra Ordine ed ENPAB e della necessità di sancire la sostanziale differenza tra i due Enti: uno, l'Ordine dei Biologi, organo ausiliario della pubblica amministrazione posto sotto la vigilanza del Ministero di Grazia e Giustizia e l'altro, la Cassa di previdenza, nella sua natura di fondazione privata.
L'importante delibera è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale n.199 del 27 agosto 2012 e pone fine ad un sovrapporsi di cariche tra Ordine e Cassa di previdenza incompatibile con il concetto di bilanciamento ed indipendenza dei poteri, elemento fondante della piena espressione del dettato democratico anche nella gestione di strutture che fanno riferimento a categorie professionali specifiche.
Ricordiamo che alla fine del 2013 saranno indette le elezioni per il rinnovo degli organi collegiali dell'ENPAB. Sempre nel segno della trasparenza e del rispetto dei diritti fondamentali di libera espressione del voto, i due Consigli dell’Ente stanno lavorando ad una nuova modifica statutaria, modifica che prevede un sistema elettorale esclusivamente telematico, evitando, così, invio di schede elettorali cartacee agli aventi diritto al voto.
Tale modifica statutaria permetterà di ammodernare le operazioni elettorali rendendole più sicure, più rapide e più comode per i colleghi.
Il lavoro dei Consigli dell'Ente è dunque orientato alla massima trasparenza e democrazia nella gestione e nell'accesso alle cariche statutarie dell'ENPAB. E' in questo segno che l'intero operato degli attuali Consigli deve essere letto ed è in questo segno che ci offriamo al giudizio dei colleghi.
Sergio Nunziante