Tra gli ospiti, la presidente Enpab e vicepresidente AdEPP Tiziana Stallone che ha portato una testimonianza dal mondo delle libere professioniste.

Il Bilancio di genere è uno strumento per politiche pubbliche orientate ad una migliore allocazione delle risorse, che tenga conto delle differenze di genere, della qualità e della gestione dei servizi equa e sostenibile. Qual è il ruolo dei Comitati unici di garanzia nel percorso per la sua predisposizione?

È stato questo il tema principale dell’incontro promosso dal Cug Inail in collaborazione con la Rete Nazionale dei Cug dal titolo “il bilancio di genere: un'opportunità per un futuro equo, giusto e sostenibile”, che si è svolto il 2 ottobre scorso a Roma.

Agli approfondimenti sul tema, che hanno occupato la prima parte dell’incontro, è seguita una tavola rotonda dedicata al confronto tra le esperienze promosse dagli enti che hanno già attuato il bilancio di genere e quelli che ancora sono nelle fasi preliminari alla sua realizzazione. Tra i relatori ha partecipato la presidente Enpab e vicepresidente AdEPP con delega al welfare Tiziana Stallone che ha portato invece una testimonianza esterna, raccontando le problematiche legate all’equità di genere per le libere professioni.

«Dal 2007 – ha spiegato la presidente Stallone – la rappresentanza delle professioniste è notevolmente aumentata all’interno del sistema Casse, passando dal 30% del 2007 al 42% di oggi, ma con redditi sempre inferiori rispetto agli uomini. Si parte da un 5% in meno non appena si iscrivono alla cassa di appartenenza, percentuale che sale al 20% verso i 30 anni, al 37% tra i 30 e i 40 anni, per poi attestarsi mediamente intorno al 45%».

L’Associazione degli Enti Previdenziali Privati AdEPP, presieduta dal Dottor Alberto Oliveti, ha attivato il proprio centro studi per cercare di analizzare più specificatamente il fenomeno e le cause che possono essere all’origine delle disparità. Sono stati intervistati direttamente gli iscritti, valutando e distinguendo delle variabili che sono proprie del mercato del lavoro libero-professionale, con il riscontro da parte di una platea di circa 107.000 iscritti di cui 45.000 donne e 62.000 uomini, che rappresentano il 10% della totalità degli iscritti.

Ad emergere è stato innanzitutto che le donne hanno redditi inferiori rispetto agli uomini non perché ricevono compensi più bassi, ma perché, riuscendo a dedicare meno tempo alla libera professione, guadagnano di meno. «A fronte del 59% degli uomini che dedicano al lavoro più di 8 ore al giorno – ha aggiunto la presidente Stallone – le donne si fermano al 40%».

La difficoltà di conciliare la gestione della famiglia con il lavoro rimane una delle principali problematiche per le donne, da cui spesso segue la scelta di svolgere l’attività libero professionale in maniera più simile ad un lavoro dipendente (spesso le donne sono libere professioniste in qualità di collaboratrici di un altro libero professionista, dando vita al fenomeno delle finte partite Iva) o addirittura di abbandonare la professione (il tasso di abbandono intorno ai 40 anni è ancora molto alto).

Vi è poi la variabile geografica. Le donne si spostano più degli uomini: a fronte del 15% degli uomini del Sud che si trasferisce al Nord e del 10% che si trasferisce al Centro, si registra una percentuale ben più elevata delle donne che cambiano regione, con il 21% delle donne del Sud che si spostano al Nord e il 18% al Centro.

Una professionista che esercita la sua attività al Nord ha a disposizione un maggiore supporto nella gestione della famiglia da parte di figure esterne all’ambito familiare – ad esempio gli asili e i centri ricreativi per l’infanzia – ma i costi delle strutture sono spesso proibitivi. Al Sud, poiché le infrastrutture sociali sono meno presenti e inevitabilmente i servizi più carenti, l’aiuto della famiglia risulta ancora indispensabile per garantire la conciliazione vita-lavoro.

Le Casse di previdenza sono in prima linea per offrire alle donne l’aiuto di cui hanno bisogno con un welfare puntiforme, garantendo tante forme di assistenza legate alla nascita e ai primissimi anni di vita dei figli degli iscritti che in parte sopperiscono alle carenze legate al sistema Paese.

«La nuova sfida – ha aggiunto la presidente Stallone – è la copertura del welfare su tutta la vita lavorativa, perché le difficoltà delle professioniste si sviluppano durante tutto il percorso professionale. Abbiamo bisogno di infrastrutture che colmino il gap geografico, è necessario potenziare e trasferire agli iscritti nuovi strumenti, come ad esempio le piattaforme telematiche professionali specializzate che consentano di svolgere la libera professione anche da remoto, con garanzie di alti standard di sicurezza, privacy e qualità del servizio».

La presidente Stallone ha concluso l’intervento raccontando la propria esperienza all’interno Enpab: «Quando sono stata eletta presidente Enpab – ha ricordato – la governance della mia cassa era completamente maschile (1 sola donna su 14 membri dei consigli riuniti). Sono passati 10 anni e adesso le donne nei consigli Enpab sono 13 su 21, raggiungendo il 62%: è un passo importante per quel che riguarda la parità di genere, ma anche per la rappresentanza più conforme alla platea degli iscritti (il 74% degli iscritti Enpab sono donne)».

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